IL MONDO SOTTOMARINO E UN’ACCADEMIA DA RIFONDARE

di Massimo De Angelis

Nel 1983 fra Argentina e Regno Unito scoppiò la famosa guerra delle Falkland-Malvinas.

Quasi mille inutili morti, la maggior parte tra i sudamericani che le avevano occupate, per approdare allo status quo ante: i tre arcipelaghi tornarono ai primi colonialisti britannici. Si parlò di una mossa politica del premier argentino Galtieri, in gravi difficoltà politiche, ma pochi dettero risalto agli enormi e preziosissimi giacimenti sottomarini dei cosiddetti noduli polimetallici.

Era in quei mesi in via di definizione la legge internazionale sul Diritto del Mare, poi approvata a Montego Bay, in Giamaica, che riconosceva la proprietà delle ricchezze subacquee ai Paesi che le annoveravano sulla propria piattaforma, e i cosiddetti noduli di manganese lo erano eccome.

Ne era ben cosciente l’Eni che, ricordo, aveva già aderito a un consorzio giapponese per il loro ripescaggio dalle profondità. Per riaffermare l’importanza economica, strategica, culturale e naturalistica del mare non c’é bisogno di rispolverare la cronaca delle prospezioni petrolifere in Adriatico, delle rivendicazioni autonomistiche della Scozia con l’occhio su quelle del Mare del Nord e via elencando. Questa lunga premessa vuole introdurre le problematiche che - come le gigantesche piovre delle stampe d’epoca - avviluppano l’Accademia Internazionale delle Scienze e Tecniche Subacquee. Se torniamo per un istante alla premessa, non fatichiamo a notare che tutto quanto elencato costituisce appunto materia di applicazione e ricerca di questa istituzione nata per riunire coloro che dal 1960 avevano ricevuto il prestigioso Tridente d’Oro.

Riconosciuta dall’Unesco e dalla Unione Europea, affiliata alla Confederazione Mondiale delle Attività Subacquee, l’Accademia conferisce alle personalità distintesi nei vari campi delle dottrine marine i prestigiosi premi Tridenti d’Oro, considerati in tutto il mondo veri e propri Nobel del mare. Il palmares è ricco di personaggi la cui notorietà è seconda soltanto ai meriti acquisiti nei propri campi: l’esploratore della Fossa delle Marianne Jacque Piccard, l’oceanografo Jacque Yves Cousteau, l’immortale Walt Disney, la medaglia d’oro al valor militare Luigi Ferraro, gli apneisti Enzo Maiorca e Jacques Mayol, l’antesignano della biologia marina in Italia Francesco Cinelli, il fondatore della prima facoltà di medicina subacquea al mondo Piergiorgio Data, l’astronauta della Missione Apollo 11 sulla luna Michael Collins, l’archeologo Sebastiano Tusa e tutti coloro, e sono centinaia, che hanno contribuito alla conoscenza dell’universo liquido che regola la nostra esistenza.

Dopo i fasti del passato, l’Accademia si è impoverita come certe famiglie nobiliari che stentano ormai a mantenere castelli e palazzi aviti. Ma non è di soldi che stiamo ragionando che, poiché sono solamente le contribuzioni annuali dei soci, non abbondano certamente: l’Accademia Internazionale delle Scienze e Tecniche Subacquee ha perso alla roulette del pressappochismo cinico qualcosa di molto più prezioso, ovvero i propri valori. Valori di nobiltà come il nome che la definisce, quali l’afflato scientifico, il coraggio dell’esplorare, la determinazione della ricerca, lo studio degli errori per ottenere risultati.

Tutte virtù che costituivano le finalità fondanti dell’istituzione, legata dall’amicizia e dal rispetto di ogni singolo Tridente d’Oro per il proprio simile, al quale seppur diverso per disciplina di studio era vicino nell’amore per il mare. Anche per questo l’incantevole isoletta di Ustica che aveva accolto l’Accademia fin dalla nascita costituiva il miracoloso collante che tanti successi aveva consentito.

Era lì, in quell’arso e vulcanico scoglio del Tirreno che i Tridenti si incontravano ogni anno, per accogliere i colleghi freschi di nomina e immergersi insieme nei magici fondali in una sorta di battesimo che non sapeva tener conto di passaporti e di anni sulle pinne.

Ora un gruppo di noi (so bene, come qualsiasi giornalista professionista, che l’uso della prima persona è un insulto al lettore, ma sarei ipocrita se non svelassi l’appartenenza a questo gruppo). Un gruppo di soci volenterosi dunque, ovviamente tutti Tridenti d’Oro che hanno vissuto l’epoca dei fasti e del rispetto, sta cercando per le vie democratiche di procedere a una vera e propria rifondazione di questa nobile decaduta, per riportarla ai valori fondanti del passato. Pensano, questi soci, che sia tempo di dare alla loro Accademia l’autonomia economica per realizzare progetti utili alla comunità; di riaccoglierla nella sua culla naturale di Ustica; di ristabilire quel prestigio frutto del rispetto reciproco; di recuperare alla vita societaria le decine di Tridenti transfughi per dissenso. Di selezionare di volta in volta con accortezza le eccellenze da insignire con il titolo di Tridenti d’Oro, per aumentare il prestigio di una istituzione nata per promuovere sviluppo, conoscenza e diffusione della cultura del mondo sottomarino.

* Campi obbligatori