Cosa succede davvero negli allevamenti intensivi di pesci?

14 luglio 2022 - Ambiente - Commento -

Articolo di Marta Bello e foto di Essere Animali

Sotto il mare ci sono infinite, immense meraviglie, ma l’impatto antropico ha intaccato anche la bellezza del mare deturpandolo ancora, creando degli allevamenti intensivi subacquei per soddisfare la crescente domanda di pesce del mercato. 

Essere Animali, ha svolto un’indagine sugli allevamenti subacquei di trote, spigole e orate e sulle crudeli pratiche di allevamento, trasporto e abbattimento che causano tremende sofferenze agli animali. 

È stata lanciata una nuova petizione europea “Compassion in World Farming” volta a richiedere alla Commissione europea di includere la tutela dei pesci tra i principali obiettivi della normativa europea degli animali negli allevamenti

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Gli investigatori e le investigatrici hanno rilevato alcune problematiche principali: iniziamo dallo stordimento dei pesci.

I pesci, infatti, prima di essere abbattuti vengono storditi elettricamente. 

Questo è considerato uno dei modi più rispettosi per il benessere dei pesci secondo la comunità scientifica, riferiscono gli investigatori.

Il problema è che non si tratta di una pratica sicura, anzi, il tasso di funzionamento non è elevato e nei moltissimi casi in cui non funziona, la sofferenza dei pesci è lunga e prolungata perché muoiono molto lentamente di asfissia. 

Muoiono in agonia, soli, e le loro urla non possono essere ascoltate.

Per immedesimarci, potremmo pensare a come sarebbe morire annegati a causa dell’acqua nei polmoni. 

Gli animali possono essere storditi a secco o in acqua e ghiaccio. Nel caso dello stordimento a secco, la mancanza di acqua non consente una trasmissione uniforme della corrente elettrica attraverso i pesci.

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Sapete cos’è il grading?

È una pratica industriale terribile che consiste nella selezione dei pesci in base alla taglia e nel loro smistamento in vasche con pesci di grandezza simile. Questa selezione viene eseguita inserendo i pesci tra rulli di acciaio, questi macchinari ovviamente non sono adatti a quest’attività e molti pesci muoiono di asfissia o schiacciati tra i rulli.

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Non c’è alcun tipo di selezione o criticità rispetto alla taglia: quelli pescati, vengono tutti consumati, anche i piccoli.

Sappiamo bene quanto sia rischioso per le specie e gli ecosistemi marini intaccare la loro riproduzione pescando in modo totalmente indiscriminato piccoli o anche membri adulti in fase riproduttiva. Mettiamo a rischio le specie, uccidendo i piccoli che non potranno crescere né abitare il mare svolgendo il loro ruolo specifico che mantiene in equilibrio l’ecosistema marino. Sì, ciò che si trova in mare è indispensabile all’ecosistema, non possiamo immaginare di rapinarlo dei suoi abitanti con la pretesa di non alterarne gli equilibri.

La vita marina e le vite marine delle varie specie seguono cicli naturali che noi ignoriamo, la gravità maggiore è che né le industrie del pesce né i consumatori che alimentano questo sistema si pongono domande su questi cicli, né sanno quando e come un pesce si riproduce. Proprio per questi motivi le specie si estinguono e non rimane più nulla da fare. Le normative sulla cattura sono ancora troppo scarse e quello che accade in mare è difficile da controllare.

 Fatichiamo a concepire i pesci come individui senzienti, ma i pesci provano dolore: hanno infatti l’anatomia necessaria per provare dolore e sono consci delle risposte agli stimoli. Molte specie hanno mostrato capacitò rudimentali di contare, dispongono di strumenti adattivi e riescono a cooperare socialmente. Soffrono lo stress, giocano tra loro e si aiutano nelle difficoltà. Facciamo anche il grave errore di racchiudere tutti gli abitanti del mare sotto la categoria di “pesci”, quando le specie sono migliaia e migliaia, tutte diverse l’una dall’altra e ognuna con le sue specificità.

Se vogliamo adottare il parametro dell’intelligenza, basti pensare che i delfini sono gli animali marini più intelligenti al mondo e vengono dopo solo lo scimpanzé, al primo posto, e il maiale, al secondo. (Sì, i maiali, quelli che vengono mangiati quotidianamente e inseriti in un sistema di produzione che li priva della dignità, dell’individualità sono proprio il secondo animale più intelligente al mondo). Non dimentichiamo che sono “classifiche” fatte da noi umani, quindi rispecchiano i nostri parametri d’intelligenza, cioè possiamo avere solo un punto di vista parziale e viziato dalla nostra condizione di specie.

Giusto per porre l’esempio, comunque, “la corteccia cerebrale dei delfini come il tursiope presenta la stessa conformazione di pieghe contorta strettamente legata all’intelligenza umana, queste pieghe aumentano il volume della corteccia cerebrale e la capacità delle cellule cerebrali a collegarsi tra loro”.

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Anche i pesci allevati sono chiusi in gabbia.

La stabulazione a elevate densità e la scarsa qualità dell’acqua contribuiscono alla diffusione delle malattie, aumento dell’aggressività tra conspecifici e un incremento del tasso di mortalità. In natura, i pesci vivono in ambienti marini che sono molto ampi ma anche ricchi e stimolanti, invece negli allevamenti c’è solo acqua, una porzione limitata di spazio e un sovraffollamento che impedisce di nuotare, fare branco ed esplorare: il risultato è una grande aggressività.

Immaginatevi di essere chiusi in una stanza vuota senza nulla, per tanto tempo e con tante persone sconosciute. “La completa assenza di arricchimenti ambientali nelle vasche o gabbie può provocare un aumento dei livelli di stress, degli episodi di aggressività e di cannibalismo, e dei ferimenti”.

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Credits immagini: Essere Animali

Arriviamo alla fase di trasporto, la quale include un periodo di digiuno che può durare diversi giorni ove i pesci vengono ammassati in reti o vasche strette. “Queste operazioni possono essere fonte di deterioramento della qualità dell’acqua, di stress acuto e di affaticamento dovuto ai tentativi di fuga dei pesci.”

Per il carico e lo scarico vengono usate reti che possono schiacciare e ferire i pesci: quelli in basso vengono schiacciati e molti subiscono lesioni e abrasioni provocate con lo sfregamento della rete. 

Non dimentichiamo che l’80% della plastica in mare deriva dalla pesca intensiva. In questo periodo storico segnato da siccità e emergenza climatica per tutti gli ecosistemi, ove quelli marini giocano un ruolo cruciale, l’unica opzione possibile è smettere di finanziare un’industria che distrugge il mare scegliendo di mangiare vegetale per impattare il meno possibile su un ambiente che grida aiuto, e noi l’abbiamo costretto ad urlare.

Il suo urlo è fragoroso e molteplice quanto silenzioso, come quello di ogni pesce che perde la vita per un sistema alimentare ed economico senza scrupoli. 


Essere animali ha elaborato una guida per eliminare la sofferenza dei pesci dal piatto senza rinunciare al sapore di mare! https://www.ioscelgoveg.it/wp-content/uploads/2020/09/Fishfree-Guida-per-sostituire-il-pesce.pdf (Ovviamente un guida parziale, che può però essere uno spunto per una nuova ricerca di sapori, odori, ingredienti e combinazioni anche a tavola, lasciando stare chi abita il mare (e la Terra). 

Petizione per porre fine a queste atrocità: https://www.change.org/p/agonia-dei-pesci-in-allevamenti-i-supermercati-intervengano 

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