Dall'Atlantico dei pirati al Tiber, la lunga rotta delle anguille. (Ultima parte)

24 novembre 2021 - Ambiente - Commento -

Claudio Sisto / foto di repertorio Redazione


Durante i pomeriggi ancora caldi di settembre, non è difficile notare sulle sponde tiberine, navigando sul Tevere nel tratto che va da Ponte Marconi verso la foce,  persone che senza scrupoli, arrivando dalle regioni confinanti con il Lazio, montano vere e proprie stazioni di pesca abusiva, passando il fine settimana (dal venerdì pomeriggio alla domenica mattina) a tirare su quantità mostruose di anguille di tutte le misure.

Una attività illegale che comporta una drastica diminuzione della fauna in questione, già sofferente per i noti motivi d'inquinamento fluviale e parassiti come l'anguillicola.

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Le anguille,  protette da molte leggi internazionali e locali come specie in pericolo d'estinzione, subiscono la trafila della cattura senza sosta ed illegale, e vi assicuro che nel Tevere questa pratica è sempre ben radicata anche da chi invece dovrebbe farne tesoro e tutelarle al fine della continuità della loro presenza nelle bionde acque.

La loro cattura è effettuata senza un controllo ufficiale, andando ad alimentare un mercato sconosciuto e senza traccia.

Si consideri come ho scritto poc'anzi, che le anguille "tiberine" sono affette da una malattia inoculata dal parassita Anguillicola carassus, che le rende deboli ed incapaci di nuotare in mare, poiché il parassita inficia la vescica natatoria dell'animale ospitante, riducendone la normale crescita e la capacità natatoria.

Queste anguille vengono pescate, e rimesse in "libertà" in chissà quale specchio acqueo, o inviate alla vendita alimentare senza un controllo sanitario adeguato. 

Insomma un vero disastro ecologico ed alimentare, che dovrebbe essere fermato al più presto, passando in rassegna coloro che effettuano la pesca delle anguille come professione e chi commette il reato di pesca illegale, e vi assicuro che  sia il Tevere che il suo affluente Aniene, sono i protagonisti di queste attività disastrose per un animale destinato alla scomparsa dal nostro pianeta.

I pescatori di frodo conoscono molto bene le zone da battere, avendo avuto modo di praticare la cattura sempre indisturbati, a tal punto che non poche volte sono stati avvistati anche in località quasi centrali del tratto urbano, sfrontati e senza nessun timore di essere "beccati".

Da che io ho memoria e di anni ne sono passati, mai un ente istituzionale ha effettuato controlli di questo tipo.

Non sarà arrivato il momento di agire? Almeno per il rispetto di questi piccoli grandi nuotatori oceanici che tornano nei nostri fiumi?

Attendiamo che qualcosa si muova... sperando che già parlandone sia di stimolo a chi dovrebbe agire in fretta.

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