È INIZIATO IL FERMO BIOLOGICO PER LA PESCA AI RICCI DI MARE IN PERICOLO D’ESTINZIONE

10 maggio 2022 - Ambiente - Commento -


 Di Marta Bello /  Foto redazione archivio

Il primo maggio è iniziato il fermo biologico della pesca ai ricci di mare e si concluderà il 30 giugno. Questo è il periodo di riproduzione della specie, sotto attacco da una pesca massiva e industriale che sta svuotando gli oceani. 

I ricci, infatti, vengono purtroppo considerati una prelibatezza da turisti e turiste che non pensano a quali siano i danni di una richiesta così intensiva di un prodotto ittico che deve essere pescato. Il riccio di mare adesso si trova ad uno stadio molto rischioso della sua specie a causa dell' ingente inferenza antropica.

Per tali ragioni è stata emanata una legge che cerca di garantirne la protezione, ma che forse è ancora troppo clemente e permette una pesca che per il pianeta non è più sostenibile: la legge si rifà all’ art. 4 del D.M. 12 gennaio 1995. Nel periodo indicato, che va da maggio a giugno, è fatto divieto di pescare, detenere, trasbordare, sbarcare, trasportare e commercializzare il riccio di mare in qualunque stadio di crescita, fattispecie severamente sanzionate dal D.lgs n. 4 del 9 gennaio 2012. 

Le zone interessate sono principalmente il sud Italia: puglia, Sicilia e Sardegna in particolar modo. 

La capitaneria di Porto di Siracusa ha emanato anche quest’anno l’avviso che recita: 

“Al via il fermo biologico per la pesca del riccio di mare. Come ogni anno, dal primo maggio al 30 giugno scatta il divieto, a garanzia del ripopolamento della specie. Aricordare lo “stop” è la Capitaneria di Porto di Siracusa. Vietato qualsiasi tipo di pesca dei ricci di mare, sia da parte di pescatori professionali, sia da sportivi. “No” anchealla detenzione e vendita. Chi contravviene a queste disposizioni rischia la confisca del pescato, degli attrezzi utilizzati e sanzioni amministrative da mille a 6 mila euro. Per il restante periodo dell’anno, invece, vigono le disposizioni che impongono un limite massimo di cattura giornaliero di 50 esemplari per i pescatori sportivi e 1000 per i pescatori professionali, oltre alla necessaria documentazione attestante la tracciabilità degli stessi da esibire all’atto del controllo presso rivenditori e ristoratori. Proprio ai ristoratori, ma anche ai consumatori, la Capitaneria di Porto lancia un appello chiaro, affinché responsabilmente evitino di richiedere polpa di riccio, per non incentivarne la cattura”. 

Quest’anno, però, è stato e sarà un po’ diverso, soprattutto per quanto riguarda la Sardegna: sulle coste di tutta l’isola, infatti, la pesca sarà vietata fino al 2024. Anche quest’anno la stagione si sarebbe dovuta interrompere prima di maggio, ma i pescatori si sono ribellati e sono riusciti ad ottenere il prolungamento dei permessi, al fine di concludere la stagione di pesca. 

La buona notizia è che i ricci di mare non potranno essere nè pescati, né detenuti né venduti in tutta la Sardegna fino al 2024, così da permettere alla specie un più efficace ripristino della situazione ecologica e consentire loro una maggior proliferazione senza che, immediatamente dopo la loro stagione della riproduzione, i pescatori li attacchino nuovamente decimandoli solo per una questione economica e di commercio, la quale lascia passare sempre in sordina le conseguenze ambientali.


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Questo è solo l’ennesimo tentativo riparatore di danni che sono stati inflitti agli ecosistemi marini nel corso degli ultimi decenni. 

Ormai è chiaro che non sia sufficiente un fermo di uno o due anni per lasciare che i ricci escano dal loro status di “alto rischio d’estinzione”, ma è necessario un cambiamento culturale profondo e radicato accompagnato da leggi serie e permanenti da parte delle istituzioni politiche. Un altro ruolo fondamentale viene svolto dalla parte mediatica che forma le idee dei popoli, per cui è chiaro che fin quando le proteine dei pesci vengano spacciate per proteine nobili ed indispensabili per gli esseri umani da partner delle aziende di pesca, un breve fermo sarà sicuramente un sollievo per questa specie derubata dall’umano, ma non sarà una soluzione i cui effetti dureranno a lungo. Le barbarie dei nostri istinti mossi dal compiacimento del gusto non ci lasciano neanche scoprire che la specie del riccio di mare rosso è l’animale più antico della terra: vive da più di 2000 anni.

Il suo nome scientifico è Echinoidea e ci sono quasi 950 specie diverse riconosciute di ricci di mare.Hanno una taglia tra i 3 e i 10 cm e la specie più grande raggiunge i 64 cm di diametro. “Il corpo è rotondo e protetto da lunghe spine. Tra le spine dorsali hanno cinque paia di file di piedini tubolari con ventose che li aiutano a muoversi, catturare cibo e aggrapparsi al fondo del mare. Come tutti gli echinodermi, non sono dotati di un cervello e si affidano invece al sistema vascolare dell’acqua: canali che attraversano il corpo del riccio di mare. Purtroppo, è un animale anche molto usato nell’ambito della sperimentazione animale per la sua rapida capacità di riprodursi e proliferare."

Si trova in tutto il mediterraneo e in parte delle coste atlantiche. I ricci prediligono i fondali rocciosi ricoperti di alghe e praterie di Posidonia che si stanno decomponendo sempre di più, distrutte dall’inquinamento umano. È una specie sciafila, cioè ama poco la luce ed è un animale notturno.


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Come si riproducono i ricci di mare? 

“La femmina di riccio di mare depone milioni di minuscole uova nell'acqua, ricoperte di gelatina che verranno successivamente fecondate dallo sperma del maschio. Le minuscole uova del riccio faranno parte del plancton per alcuni mesi. Il giovane riccio rimarrà con il plancton per un periodo compreso tra 2 e 5 anni (a seconda della specie) per poi scendere in fondo al mare.” 

Una domanda è ancor più importante: perché proviamo ad impedire che i ricci di mare si estinguano?

“Il riccio di mare riveste un importante ruolo ecologico nel delicato equilibrio degli ecosistemi marini. In quanto si nutre prevalentemente di alghe, presenti sul substrato roccioso ad una profondità compresa tra la superficie e circa 80 metri, viene classificato tra gli erbivori (o grazers) più efficienti presenti nell’ambiente marino. Diventa quindi fondamentale la salvaguardia di questa specie marina, con il fine di preservare popolazioni stabili: una diminuzione della popolazione di questi echinodermi porta infatti a un’eccessiva proliferazione algale, mentre una loro sovrappopolazione può portare a fondali poveri di vegetazione (barren sites), con conseguente scomparsa di biodiversità.” Come ci spiega “Riccicliamo”.

Chiaramente ogni specie ha il suo ruolo ben preciso sul pianeta ed è sempre più necessario, vista la crisi climatica in corso, di una presa di coscienza e di responsabilità nei confronti di tutte le altre specie con cui condividiamo il pianeta, della terra e di tutti i mari.

La prima causa della scomparsa dei ricci di mare è sicuramente la pesca ittica e il fatto che i capricci di gola di turisti ed irresponsabili alimentano un mercato estremamente nocivo per l’ambiente. Un’altra causa importante è legata a doppio nodo con i cambiamenti climatici: “circa un quarto della CO2 presente nell’atmosfera viene assorbita dai mari e dagli oceani dove, a contatto con l’acqua, reagisce chimicamente, portando alla formazione di acido carbonico con conseguente diminuzione del pH. 

Questo continuo aumento dell’acidificazione dei mari ha un effetto decisamente negativo sulle proprietà biomeccaniche delle strutture carbonatiche che costituiscono lo scheletro e l’apparato boccale del riccio di mare (di grande importanza per la loro locomozione, il pascolo e la protezione dai predatori), in quanto esse sono costituite prevalentemente da calcite ad alto contenuto di magnesio, particolarmente sensibile alla diminuzione del pH.” (credits: Lorenzo Meroni).


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Ogni giorno centinaia di specie si estinguono a causa dell’inferenza antropica massiva ed è nostra responsabilità informare, sensibilizzare ed entrare in azione per rallentare il decorso delle cose.

Quindi, il fermo biologico dei ricci per consentir loro la riproduzione è iniziato da qualche giorno e terminerà il 30 di giugno, ma non è sufficiente per consentire al mare di ripristinare antichi equilibri che noi umani abbiamo minato sin nelle profondità. Consideriamo positivo il segnale della Sardegna ove, come già riportato sopra, la pesca sarà completamente vietata fino al 2024.

Speriamo, però, in segnali ancora più forti e decisi nel rispetto totale del mare e di chi lo abita.

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