Primo allevamento di polpi al mondo. Ce n'era davvero bisogno?

27 febbraio 2022 - Ambiente - Commento -

Di Marta Bello /foto di repertorio della redazione

Alla luce del 2022 abbiamo la notizia dell’imminente apertura del primo allevamento intensivo di polpi: sarà un’industria che si occuperà di allevare e commerciare polpi cresciuti secondo il metodo dell’acquacoltura. Questa brutalità avverrà in Spagna. 


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La questione è chiaramente problematica sotto vari e diversi punti di vista, infatti numerose persone dal mondo della scienza, dell’ambientalismo, dell’etologia e della biologia hanno mostrato i loro dissensi ed esposto le loro ragioni. I primi da tenere in considerazione sono, ovviamente, i protagonisti di questa vicenda: i polpi. Ma chi sono? Quali sono le loro caratteristiche?

I polpi sono animali antichissimi, tra i più antichi di tutto il pianeta. Sono esseri estremamente intelligenti, come dimostrato da vari studi scientifici ed etologici in cui i polpi sono stati posti davanti a problemi complessi, che sono riusciti a risolvere.

Riescono ad orientarsi nei labirinti, sanno aprire i barattoli e sanno anche usare strumenti per costruire ripari. L’esperimento dei barattoli ha anche mostrato che un polpo che riesce ad aprirne uno, riesce a memorizzare l’informazione per ben 5 mesi. Sono in grado di mimetizzarsi, riescono addirittura a modificare il colore della loro pelle fino a 177 volte in un’ora. Cambiano colore anche quando dormono perché sognano la loro vita.

I polpi sono molto curiosi e sensibili, molti si avvicinano ai sub, abbiamo molte documentazioni di lunghe interazioni, giochi e vere e proprie amicizie tra le due specie. Sono anche in grado di riconoscere individui umani e ricordarseli per lunghi anni. A tal proposito, consigliamo la visione di: “Il mio amico in fondo al mare”. E’ stata confermata la loro capacità di provare dolore: sono dotati di un complesso sistema nervoso, ben due terzi dei loro neuroni risiedono nei tentacoli: per questo tutti gli studiosi concordano sul fatto che provino dolore, ma anche che siano coscienti di sé e del mondo che li circonda. Le loro capacità cognitive sono elevatissime; particolare è anche il loro sistema nervoso: distribuito per tutto il corpo, con la maggior parte dei neuroni, circa i due terzi, distribuiti nei tentacoli.


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Ancor più straordinario è che ognuno di questi neuroni può compiere un’attività propria, tra cui anche l’auto-rigenerazione. E’ stato documentato che i polpi possono decidere di perdere di propria volontà un tentacolo, in modo da fuggire dai predatori. (Fonte: Essere Animali) 

Sono animali anche molto curiosi e singolari: è stato studiato il comportamento delle femmine, che, nei casi di forte insistenza dagli esemplari maschili ai fini dell’accoppiamento, se in disaccordo, lanciano oggetti (spesso pietre presenti sui fondali) contro il loro molestatore. Alla luce di queste informazioni, che generano una certa consapevolezza su questi meravigliosi animali, dobbiamo purtroppo constatare che, per ragioni difficili da spiegare, la loro carne è molto richiesta. Il consumo di esseri viventi da parte degli animali umani si ferma difronte a poche cose, se consideriamo che il maiale è il secondo animale più intelligente al mondo (dopo lo scimpanzé) ed è al primo posto come prodotto nei nostri panini. 

Qui scienza ed etica si incontrano nuovamente e si scontrano pienamente con una terribile realtà: il primo allevamento di polpi sta per diventare realtà, e lo sarà a breve, nonostante le numerose e svariate proteste dai movimenti ambientalisti, animalisti, ma anche da scienziati e scienziate. Questo terribile incubo diverrà realtà per mano della multinazionale spagnola “Nueva Pescanova”, che sostiene che sarà pronta a “commerciare polpo d’allevamento già nell’estate 2023” e che la “produzione” inizierà questa estate. 

La multinazionale parla di polpi come “prodotti da commerciare” e sui loro siti i numeri di specie e di esemplari che commerciano sono agghiaccianti. Per loro sono chiaramente motivo di vanto, ma non sono altro che indicatori di brutalità. Chiaramente non accenna a spiegare quali saranno i dettagli di questa pratica brutale, né le condizioni in cui vivranno. Dicono solo di appoggiarsi alle ricerche condotte dall’Istituto Oceanografico Spagnolo che ha esaminato le abitudini riproduttive del Polpo comune definito Octopus vulgaris. Pare anche che questi studi vadano avanti dal 2018.

Andando oltre lo spreco di tempo, denaro e risorse che ciò deve aver comportato, sostengono di compiere una buona azione per evitare di finire tutti i polpi negli oceani, che vengono continuamente pescati, in modi indicibilmente brutali. L’unico modo per ucciderli, purtroppo è lacerargli il cervello, questo chiaramente prolunga le agonie di questi animali perché non esiste un metodo per ucciderli istantaneamente. Ovviamente la multinazionale segue la logica del profitto, per cui se i polpi sono oggetto di consumo ed è possibile avere da essi un profitto, questi esseri così intelligenti diventano subito merce. Merce di poco valore, dove una vita vale pochi euro. Anche se, chiaramente, la domanda di polpo cresce, la soluzione non è creare allevamenti intesivi di polpi, bensì capire che c’è un problema e poi lavorare socialmente per capire le origini e offrire alternative (vegetali) che non distruggano gli ecosistemi marini. 

La pratica dell’acquacoltura sarà terribile: i polpi saranno ammassati in grandi vasche e nessuno di loro avrà spazio per muoversi e nuotare. Inoltre, sono anche animali solitari, che hanno bisogno dei loro spazi. Cosa che non avranno, questo potrebbe portare a stress e cannibalismo, come vediamo negli altri allevamenti intensivi già esistenti. 

Questi meravigliosi animali marini così intelligenti e sensibili, se allevati massivamente, presentano il conto di un’altra problematica seria: la questione dell’alimentazione. Ricordiamo che i polpi sono carnivori, quindi aumenterebbe a dismisura la richiesta di farine e oli prodotti da pesci selvatici, che verrebbero pescati e uccisi per nutrire i polpi negli allevamenti. I dati sono sconcertanti: la multinazionale promette di produrre 3 tonnellate di carne di polpo l’anno.

 Quanto pesa un singolo polpo? Il manto è lungo 8-25 cm, i tentacoli invece 40-100 cm e il peso varia da 500 grammi fino a 7-8 kg degli esemplari più grandi. 

Diventa ben evidente il fatto che parliamo di una problematica radicata nella società: quella di considerare gli animali come oggetti a nostra disposizione, alcuni ci servono in certi contesti, altri sono semplicemente il nostro cibo. Possiamo capirlo da un semplicissimo e rapido esperimento: basta digitare sui più grandi motori di ricerca “polpo” ed escono solamente ricette. Risulta chiaro che possa essere uno specchio della società, indice del fatto che il polpo è, per la maggior parte degli utenti, interessante solo in quanto cibo. 


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Dunque, se la richiesta di polpo aumenta e un’industria crea le condizioni per creare del profitto da questa richiesta di mercato, ecco che abbiamo il primo allevamento intensivo di polpi. Un gruppo di ricercatori e ricercatrici ha scritto “The case against Octopus farming” in cui spiegano le ragioni per cui sia un’idea terribile, eticamente e da un punto di vista ambientale, allevare i polpi in cattività. Lo studio è stato pubblicato su “ISSUES in scienze and technology” dalla Arizona State University.

Come riporta lo studio, dobbiamo considerare, prima di tutto, la questione della domesticazione animale: probabilmente le pecore furono la prima specie ad essere addomesticata, circa 9000 anni fa, con capre, mucche, maiali e polli a seguire. Con la seconda rivoluzione industriale, il modello delle industrie venne applicato anche agli animali e alla produzione di carne. Così una fabbrica poteva lavorare dei materiali per produrre delle scarpe, oppure “lavorare” dei maiali per produrre del cibo. 

Gli animali marini erano rimasti fortunatamente esonerati da queste pratiche industriali.L’acquacoltura intensiva è diventata una pratica solo nell’ultima metà del ventesimo secolo e ora l’industria del pesce è l’industria alimentare che registra la più forte ed intensa crescita.

“Gli animali acquatici stanno finendo in un sistema di rapida domesticazione, circa 550 diverse specie acquatiche, tra cui ostriche, gamberetti, trote e tonno a pinna blu sono allevati in cattività in oltre 190 paesi.” La domanda di pesce è così elevata che ormai la metà delle creature marine che mangiamo provengono dalle industrie dell’acquacoltura. Questo è molto grave anche per l’evoluzione delle specie perché gli etologi e le etologhe hanno osservato che i pesci in cattività sviluppano dei tratti che in natura non presentano, quali: aggressività, stress cronico, lesioni e malattie. L’impatto ambientale è devastante, dicono le studiose e gli studiosi, e riguarda non soltanto l’inquinamento dal nitrogeno e dal fosforo rilasciato dai serbatoi e dalla decomposizione del cibo, ma anche dalla contaminazione dei fertilizzanti e disinfettanti, oltre all’eccessivo uso degli antibiotici per nutrire e tentare di non far ammalare i pesci.

Sottolineano, però, che l’aspetto più grave passa in sordina: a differenza degli animali terrestri, in prevalenza erbivori, molte specie acquatiche sono carnivore come il salmone, le trote, gamberi e gamberetti.Ecco uno dei dati più gravi riportati dalla scienza: “Nutrire tutti questi pesci negli allevamenti pone una maggior pressione sui pesci selvatici e sugli invertebrati per farli diventare cibo. Circa un terzo del pescato mondiale diventa cibo per gli altri pesci nell’acquacoltura”.

Esistono circa 300 specie di ottopodi, più di 100 di queste vengono catturate in natura con reti e trappole, dal 2008 sono state catturate 385 tonnellate di polpo. I principali importatori sono Giappone, Repubblica di Corea e nel Mediterraneo: Spagna, Grecia, Portogallo e Italia. La domanda è in crescita in Cina, Stati Uniti e Australia.


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Gli ottopodi vivono circa 1-2 anni e la quantità di cibo necessaria è circa 3 volte il peso dell’animale. Considerando le condizioni ambientali e climatiche attuali, probabilmente non è una bella idea quella di far nascere nuove industrie di specie carnivore, perché impoverirebbero ancora di più i mari. Anche se questa questione non ci fosse, rimarrebbe non etico allevare i polpi a scopi alimentari. Sono dotati di complessità cognitive e comportamentali, capaci di provare dolore e sofferenza. Alcuni dei loro comportamenti sono sbalorditivi e possiedono una capacità di memoria a lungo termine.

L’acquacoltura danneggerebbe gravemente questa specie: nelle industrie gli ambienti sono stretti, sterili, privi di stimoli e monotoni. Inoltre, molti ottopodi sono asociali con i loro simili, costringerli a stare tra loro stretti in ambienti artificiali può solo danneggiarli. Fonte: “The case Against Octopus Farming” di Jennifer Jacquet, Becca Franks, Peter Godfrey-Smith and Walter Sanchez-Suarez. 

Dopo aver scoperto tutte queste cose, la domanda che ci siamo poste all’inizio: “C’era davvero bisogno di aprire un allevamento intensivo di polpi?”, la risposta è chiaramente no. Speriamo, come specie umana, di non fare con gli animali marini gli stessi errori che abbiamo fatto con gli animali terresti nel corso dei secoli. Lasciamo liberi i polpi e tutte le altre meravigliose creature che popolano il mondo sommerso.


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