Manutenzione - Introduzione al Fouling, Biofouling e Antifouling [Tutorial-Infografica]

01 giugno 2021 - Nautica - Commento -

a cura di Leonardo Barcaroli

Articolo introduttivo sul Fouling, Biofouling e Antifouling. Cosa è, rischi, come gestirlo.

Premessa

Spero che il lettore accetterà questa mia breve premessa, che ha l’obiettivo di spiegare per quale motivo egli o ella dovrebbe interessarsi agli aspetti trattati e come questo sforzo di lettura e comprensione sia, secondo chi scrive, molto utile per ottenere una maggiore consapevolezza e cognizione in alcune delle scelte che farà d’ora in poi. Consapevolezza e cognizione in tema di manutenzione della propria imbarcazione ma anche di rispetto e protezione dei nostri mari, laghi e fiumi. Già, credo e spero che dopo questa lettura inizierete a vedere certe cose da un nuovo punto di vista, con maggiore preparazione e quindi con uno spirito critico aumentato. Spero che pretenderete una maggiore professionalità e chiarezza dai cantieri, un migliore livello d’informazione dai commercianti e soprattutto un rinnovato senso di responsabilità da voi stessi, tanto verso la vostra imbarcazione quanto verso il Mare e la Natura. E più avanti vedremo come alcune scelte indirizzate a preservare o curare l’opera viva, contribuiscono purtuttavia a ferire ancora più profondamente Madre Natura. Curare non vuol dire automaticamente guarire. E soprattutto non possiamo riparare il sistema da una parte per guastarne un’altra.

Spesso ripeto a me stesso che il rispetto del mare inizia a terra. Per ricordarmi che nessun viaggio inizia dal nulla, quanto piuttosto dalla pianificazione, dallo studio, dall’osservazione e dal confronto con chi sa di cosa si parla. Imparate da chi ama quello che fa. Studiate con chi rispetta quello che studia. Praticate con chi comprende la vitale importanza dell’insegnamento e del tramandare la cultura. Molti uomini pensano di possedere la natura, il mondo. Non è così. La natura possiede noi. Come i figli possiedono le proprie Madri. Rovesciamo il paradigma, non siamo padroni ma ospiti. Comportiamoci di conseguenza.


Cosa è il Fouling

Cerchiamo di entrare nella specificità della tematica in modo progressivo e graduale, partiamo dalla base e andiamo per ordine. La traduzione del termine anglosassone “fouling” è “incrostazione”. Il termine composto “biofouling” invece vuole indicare una “incrostazione vivente” [dal gr. – bios = che vive]. Il termime “antifouling” sta per “anti-incrostazione” [anti, prefisso che in composti, derivati dal greco o formati modernamente, indica ‘opposizione’]. Già solo analizzando la lingua e il significato dei lemmi abbiamo un’idea di massima di cosa stiamo parlando. Il tema della trattazione dovrebbe ora essere chiaro. Premettiamo che gli argomenti trattati in questo articolo fanno riferimento principalmente all’ambiente marino.

I fouling, è il processo di accumulazione su un qualsiasi “supporto”, di materiale indesiderato (materia inorganica e organica non vivente). Il bio-fouling, è il processo di accumulazione e sviluppo su un “supporto” di una particolare comunità biologica multi-specifica (materia vivente). Nella foto seguente possiamo vedere un eloquente esempio di biofoulding, accumulato sull’opera viva dello Storico Rimorchiatore Pietro Micca, la più antica nave commerciale italiana a vapore ancora in classe.


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Gaeta - ottobre del 2019, grazie alla Tecnmomar di Fiumicino nella persona di Giulio Cesare Giua e ad ASSONAUTICA ACQUE INTERNE LAZIO E TEVERE nella persona del Presidente Piero Orlando, ho potuto partecipare all’alaggio del rimorchiatore Pietro Micca e alle operazioni di ripristino dell’opera viva


L’immagine precedente dovrebbe rendere evidente cosa ‘è il biofouling: un accumulo, a volte imponente, di organismi viventi, provenienti dal regno vegetale e animale, unicellulari e pluricellulari, su supporti o superfici immerse in ambiente acquatico. Ora sappiamo cos’è il fouling e cos’è il biofouling.

Si intuisce anche come questi strati di sostanza organica e inorganica producano una dannosa distorsione delle originali linee idrodinamiche dell’opera viva. Ciò comporta una degradazione delle qualità di navigazione, una diminuzione della velocità e un notevole aumento dei consumi. Aspetti questi che oltre a produrre problemi di natura pratica ad Armatori e Comandanti generano un pericoloso e importante impatto ambientale in termini di inquinamento. Sì, perché stiamo parlando di una diminuzione delle prestazioni velocistiche che va dal 10% al 40% e di un corrispettivo aumento delle emissioni inquinanti che va dal 10% al 40%.

Maggiore cognizione, aumentata consapevolezza, quindi senso di responsabilità più “eccitabile”. Ho usato il termine “eccitabile” volutamente, prendendolo in prestito dalla biologia e dall’elettronica, e questo perché meglio di altre parole descrive la caratteristica che più delle altre dovrebbe stimolare alcune nostre manifestazioni. Eccitabilità del nostro senso di responsabilità, eccitabilità del nostro senso del rispetto, eccitabilità del timore di sbagliare, di non far bene e di non essere all’altezza delle scelte che facciamo. Avete presente quando si dice: “…mi si è accesa la lampadina…” come a dire che la spia rossa ci indicava il pericolo o che qualcosa non andava. Ecco!

Ora entriamo un pochino di più nel dettaglio del fenomeno dal punto di vista biologico, al fine di comprendere meglio che le fasi di sviluppo rappresentano anche i gradi di gravità e quindi di potenziale dannosità nei confronti dell’opera viva, e come ormai abbiamo imparato, della natura.

Lo sviluppo e l’accrescimento del biofouling può essere suddiviso in due grandi fasi: la fase di microfouling e quella di macrofouling.

Durante la prima fase (microfouling), iniziano ad aderire e proliferare batteri, alghe unicellulari, cianobatteri, diatomee, muffe di mare che formano il cosiddetto strato iniziale (biofilm). Creature con dimensioni vicine al micrometro; questo strato viene spesso chiamato anche “slime”, e influenza la resistenza al moto dell’imbarcazione fino a circa un massimo del 10 %.


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From: Diving Services NZ Ltd/DiveCo Ltd


Questo primo substrato prepara di fatto la superficie ad accettare l’insediamento stabile di nuovi ospiti (fase di macrofouling) ovvero organismi marini di maggiori dimensioni di origine vegetale (macroalghe) e animale (serpulidi, cirripedi, bivalvi, spugne e molti altri). È uno strato molto più evidente e ingombrante e può raggiungere spessori considerevoli, anche di diversi centimetri. Può influenzare la resistenza al moto dell’imbarcazione anche fino al 40%. Un altro aspetto importante è che questo strato riesce a corrodere e danneggiare gli strati di pittura, di gelcoat ed infine, a volte, anche lo scafo stesso.

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From: Diving Services NZ Ltd/DiveCo Ltd


Cosa è l’Antifouling

Ora veniamo al motivo per cui stiamo trattando il tema, l’antifouling; ovvero le soluzioni volte ad impedire che queste creature aderiscano alla superficie (azione biocida) dell’opera viva o che quest’ultima sia in grado di rilasciare parti di sé stessa (auto levigazione e rilascio per ablazione) e quindi anche le creature che su di essa hanno aderito.

La prima azione si rende efficace caricando le vernici antivegetative con i cosiddetti “biocidi” (sostanze tossiche per i microrganismi animali e vegetali), la seconda azione si rende attuabile sviluppando vernici speciali che si “auto levigano” durante la navigazione. Le vernici auto leviganti sono create per auto levigarsi grazie al movimento stesso dell'imbarcazione, nella fattispecie per ablazione; l’acqua, strisciando contro l’opera viva, toglie via via sottili strati di vernice, levigandola; staccando parti di essa alle quali erano ancorati gli strati di fouling e scoprendo nuove zone di vernice con il biocida “fresco”.

Le vernici autoleviganti non sono l’unica opzione disponibile; esistono anche le vernici a matrice dura. Ciò vuol dire che non sono autoleviganti e che espletano la loro azione soltanto attraverso l’azione biocida. Sono vernici dure, in alcuni casi molto dure. Il che da una parte le rende ideali per applicazioni specifiche, dall’altra difficoltose da rimuovere quando finisce il loro ciclo di vita. Quest’ultima caratteristica, apparentemente banale, è di fatto se me lo consentite, un nodo difficile da sciogliere.

E qui iniziano gli aspetti meno belli che questa storia di sviluppo e tecnologie porta con sé. Una delle sostanze con maggiore efficacia biocida scoperte, dall’uomo chiaramente, furono gli organostannici e nella fattispecie il TBT, conosciuto anche come Tributilstagno. [I composti organostannici sono composti organometallici nei quali un atomo di stagno è legato a uno o più sostituenti organici. Sono composti estremamente tossici per la flora e la fauna acquatica e per il sistema immunitario dei mammiferi]. Il tributilstagno è stato ed è uno dei tossici più pericolosi e potenti per il mondo acquatico e non solo. Una sostanza di una distruttività pari a poche cose al mondo.

Fortunatamente, ma anche tardivamente, l’uso del TBT come antivegetativo è stato vietato a seguito delle indicazioni dell’Organizzazione Marittima Internazionale che è un istituto specializzato delle Nazioni Unite incaricato di sviluppare i principi e le tecniche della navigazione marittima internazionale, e alla Convenzione ASF (la Convenzione internazionale per il controllo delle vernici antivegetative sulle navi è stata adottata a Londra, il 5 ottobre 2001, presso la sede dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO), con l’obiettivo di prevenire e contenere i danni all'ambiente marino provocati dall'utilizzo delle sostanze antivegetative).

Attualmente la gran parte delle vernici antivegetative tradizionali usa il rame come elemento biocida. Ma anche il rame può diventare altamente tossico se non addirittura devastante in ambiente marino. Recentemente le vernici a base di composti rameici, come detto attualmente le più utilizzate, sono state vietate in Svezia. Noi come spesso accade su queste tematiche siamo in ritardo.


Le antivegetative attuali

Attualmente, per la maggior parte dei diportisti, sono disponibili principalmente tre tipi di vernici antivegetative: le autoleviganti dette anche a matrice morbida, quelle a matrice semi-dura e quelle a matrice dura.

Antivegetative a matrice morbida (autoleviganti): Le antivegetative a matrice morbida sono di fatto autoleviganti, e ciò si ottiene producendo materiali con caratteristiche di idrosolubilità o inclini all’ablazione per effetto dell’attrito generato dallo scorrere dello scafo sull’acqua. A questa caratteristica si aggiunga quella chimica, ovvero quella biocida, che impedisce agli organismi viventi di aderire al substrato (opera viva). Le autoleviganti a matrice morbida non sono adatte ad essere applicate su scafi molto performanti (max 25 nodi; e per i prodotti più performanti anche fino a 35 nodi).

Antivegetative a matrice semidura: Le vernici a matrice semidura hanno generalmente un alto potere “antifouling”. Uniscono la grande efficacia delle antivegetative autopulenti alla maggiore resistenza e durata di quelle matrici dure. Mediamente caricate con biocidi a base rame o zinco, si levigano più lentamente e sono consigliate per scafi con velocità compresa tra i 25 e i 35 nodi. Esistono anche vernici con formulazioni esenti da rame/zinco e con basi organiche ad azione sinergica. Quindi, apparentemente, meno inquinanti. Costano mediamente meno di quelle a matrice morbida. Si applicano negli stessi modi.

Antivegetative a matrice dura: Le vernici a matrice dura rilasciano i principi attivi (biocidi) lentamente nel tempo, e lo fanno dissolvendo in maniera indipendente dal movimento della barca queste sostanze. Sono adatte ad imbarcazioni veloci o che sostano in ormeggio per lunghi periodi. Nel tempo la vernice rilascia le sostanze che le donano efficacia (antifouling) fino a divenire esausta e rendere indispensabile una nuova applicazione. Queste vernici avendo una matrice molto dura vengono di solito applicate a strati successivi. Questo implica un ispessimento del film antivegetativo e un accumulo progressivo di peso sullo scafo. Consideriamo anche che la rimozione delle vernici antivegetative a matrice dura è operazione per nulla semplice perché si rendono necessarie manovalanze preparate e strumenti indicati a tali operazioni.

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Fonte: https://www.international-yachtpaint.com/s3/content/images/faq-antifouling-types.jpg


Soffermiamoci ancora una volta sui Biocidi. Le molecole consentite, come biocida, dagli attuali regolamenti europei, sono circa una dozzina. Come accennato il potere biocida si ottiene (prevalentemente) usando composti organostannici, e più precisamente organometallici. Attualmente, dopo il bando all’uso dello stagno, i due metalli più usati sono rame e zinco. Agli organometallici si aggiunga poi anche l’utilizzo di altri composti organici come fungicidi, battericidi e alghicidi. Nella Tabella seguente possiamo osservare la lista dei principali biocidi usati attualmente:

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Fonte: Nuovi biocidi per le vernici antivegetative – ENEA UTS Protezione e Sviluppo dell’Ambiente e del Territorio, Tecnologie Ambientali


Abbiamo bandito lo stagno, ma continuiamo ad usare metalli e in generale composti con un grado di tossicità inaccettabile, soprattutto se consideriamo le quantità a livello mondiale e il tempo di sversamento nei nostri mari. Concludendo, attualmente si sono fatti piccoli passi in avanti verso un maggiore rispetto della natura; purtuttavia siamo in ritardo e continuiamo comunque ad inquinare pesantemente e continuamente i nostri mari. Perché questi composti rimangono pur sempre inquinanti e tossici sia per la flora e la fauna marina sia per l’uomo. Si impone un radicale cambiamento in tema di nuove tecnologie, nuovi materiali, nuove politiche produttive e di salvaguardia dei patrimoni naturalistici.

Il rame è un metallo traccia essenziale nei sistemi biologici che può diventare estremamente tossico qualora i sistemi di mantenimento degli equilibri interni non riescano a far fronte all'aumento della sua concentrazione. Le concentrazioni di rame nell'ambiente sono in continuo aumento a causa di scarichi industriali, agricoli e urbani; è stato riportato, ad esempio, che le emissioni complessive di rame nelle acque siano triplicate dal 1950 al 1980, rendendo questo metallo una possibile fonte di rischio per gli animali acquatici. Il principale effetto tossico del rame, variabile nelle diverse specie, è riconducibile alla produzione negli organismi di specie reattive dell’ossigeno (stress ossidativo) che possono provocare danni al DNA. La sensibilità al rame dei diversi indicatori biologici è differente: alghe unicellulari, batteri > crostacei, anellidi > pesci > bivalvi > macrofite. [Fonte: Carlo Pretti – Verso una nautica sostenibile: evoluzione ed impatto ambientale delle vernici antivegetative alle antivegetative inquinanti - da Staff Mareamico | Gen 29, 2019].

Ora il lettore si chiederà se esistono alternative, meno inquinanti e meno tossiche, alle attuali antivegetative comunemente in commercio. Purtroppo, l’unica risposta che si può dare è: “Ci sono alternative, ma attualmente non è così scontato che siano meno tossiche di quelle attuali”. Detto questo proviamo comunque a considerare le alternative più praticabili e attuabili. Partiamo però col definire un termine di paragone, una vernice antivegetativa con base Rame, al fine di utilizzarla come elemento di confronto.

L’antivegetativa al rame, è sicuramente una delle vernici più utilizzate alla quale vengono aggiunti altri composti come fungicidi, alghicidi, battericidi e così via. Le varie ricerche indicano che stiamo parlando di sostanze mediamente meno tossiche se confrontate con i vecchi TBT (comunque dotate di tossicità) e indicativamente raffrontabili con i livelli delle vernici di ultima generazione in base silicone. Riassumendo, hanno una buona efficacia, discreta durata e prezzo accessibile ma una tossicità ancora elevata.

Le antivegetative siliconiche. Questi sono prodotti che non prevedono l’uso dei tradizionali biocidi e sono realizzati a partire da matrici siliconiche o al teflon; devono la loro efficacia al fatto che riescono ad esprimere un effetto antiaderente. In questo caso le ricerche ci indicano che questi prodotti sono poco disponibili, sono piuttosto difficili da applicare ma c’è da dire che hanno delle buone prestazioni. L’efficacia è leggermente maggiore a quella delle vernici autoleviganti in base rame o zinco, la durata è pressoché simile e il prezzo ragionevolmente confrontabile.

Altra alternativa è quella del film siliconico, differente dalle vernici in base siliconica. In pratica è un film adesivo che si applica sull’opera viva con una tecnica specifica. Anche qui i test di tossicità hanno prodotto risultati in linea con le attuali autoleviganti in base rame/zinco. È una soluzione molto costosa, e di difficile applicazione ma con una durata doppia se non tripla.

Trattamento nanotecnologico protettivo di ultima generazione. Antiaderente, trasparente, ecologico secondo i produttori il quali sostengono che non rilascia in mare alcuna sostanza e non aumenta il peso dell’imbarcazione. Difficile conoscere i costi se non attraverso specifiche richieste di preventivo. Difficile conoscere quali sostanze vengono usate. Si trovano ancora poche informazioni a riguardo. Le aziende che offrono questo servizio sostengono che mantenendo velocità di crociera di circa 8 nodi per una durata di 5 minuti, tutte le incrostazioni verranno completamente asportate.

Il sistema ad ultrasuoni. Molti di noi sapranno che gli ultrasuoni si usano da più di trent’anni per il lavaggio di attrezzature dentali e mediche, gioielli, tubazioni, parti meccaniche etc. I sistemi antivegetativi ad ultrasuoni, ed uno in particolare (SONIHULL), utilizzano una tecnica che in sostanza genera tante piccole esplosioni multiple di energia sonora contemporaneamente, in una molteplice gamma di frequenze. Per una questione di alternanza di pressione negativa/positiva si crea un effetto di cavitazione che fa dapprima generare le bollicine per poi farle implodere. Queste implosioni puliscono le superfici che vengono coinvolte dal fenomeno fisico. Si intuisce facilmente come questo effetto possa anche distruggere i microorganismi che stanno cercando di aderire sull’opera viva. Bisogna dire che con questa soluzione non si usano vernici e si rispetta l’ambiente e si risparmiano i soldi dell’antivegetativa che andrebbe rinnovata ogni anno.

Un esempio può essere quello del sistema SONIHULL, forse la realtà aziendale più importante al mondo per queste soluzioni. Questo sistema antivegetativo si installa velocemente e non richiede nessun foro sullo scafo, perché i trasduttori vengono agganciati ad anelli che sono incollati sullo scafo con colle epossidiche. Il sistema SONIHULL può funzionare su scafi in vetroresina, alluminio e acciaio. Più problematica l’istallazione su imbarcazioni di tipo “sandwich”, e completamente non efficace su scafi in legno.


Conclusioni

Le conclusioni purtroppo non sono quelle che avremmo voluto illustrare. Del resto, non è certo una novità che siamo in ritardo rispetto alle nuove strategie di salvaguardia dell’ambiente e della vita che lo popola. Secondo il parere di chi scrive, a parte casi specifici di imbarcazioni particolari e/o con scopi determinati, per la nautica da diporto e in generale per le barche di grandezza media e piccola non ci sono ancora alternative così praticabili se non a costi molto alti e con applicazione complessa. E inoltre la tendenza mondiale tanto dal punto di vista produttivo che da quello del mercato non promette orizzonti così incoraggianti. E a tal riguardo è interessante analizzare l’immagine che segue, in cui viene fotografato, se così possiamo dire, il mercato globale delle tecnologie antivegetative per tipo (a base di rame, copolimero auto lucidante, ibrido e altri), applicazione (navi da spedizione, piattaforme di perforazione e piattaforme di produzione, barche da pesca, yacht e altre barche) e regione (Nord America , America Latina, Europa, Asia Pacifico, Medio Oriente e Africa) - Analisi del settore globale, crescita, quota, dimensioni, tendenze e previsioni 2021-2028:

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Fonte: DATAINTELO - Antifouling Coatings Market - https://dataintelo.com/report/antifouling-coating-market/


La visione globale del fenomeno nella sua completezza e complessità non genera certo buoni pensieri. Ma intanto noi cosa possiamo fare? Possiamo cercare di comprendere meglio il fenomeno e cercare una soluzione che ci consenta di contribuire il meno possibile alla distruzione delle nostre ricchezze naturali. Cerchiamo di capire come.

Per ora l’unica cosa che possiamo realmente fare, è cercare di ottimizzare l’uso di questi prodotti (l’applicazione, l’utilizzo e rimozione), riducendo l’impatto sull’ambiente. Sì, perché perfezionando questi tre momenti possiamo tentare di minimizzare gli impatti negativi sia in termini di gestione economica che ambientale. Vediamo come.

Prima di tutto documentiamoci prima di acquistare, e scegliamo il prodotto che più degli altri soddisfa i requisiti tecnici della nostra imbarcazione e delle nostre abitudini: velocità della barca, periodi e tipologia di ormeggio (dolce o salato), tipologia e tecnologia costruttiva dello scafo (vetroresina, sandwich, alluminio, legno, carbonio, etc.). Cerchiamo prodotti eco-compatibili o comunque che usano biocidi di derivazione naturale (esistono ma sono rari). Ogni due massimo tre applicazioni togliamo completamente tutti gli strati di antivegetativa delle stagioni precedenti. Nel caso delle vernici a matrice morbida è abbastanza semplice (possiamo rimuoverla con un’idropulitrice appena alata la barca oppure una volta posizionata sulle culle in secca usando uno sverniciatore all’acqua). Assicuratevi che chi fa il lavoro si preoccupi di smaltire le vernici rimosse come rifiuti speciali e che non vengano dispersi in ambiente. Nel caso di matrici dure l’operazione è molto più complessa, motivo per cui spesso si applicano molti strati prima di rifare carena.

Non vi fate spaventare da coloro che dicono di non fare spesso questo lavoro. Non rimuovere le vecchie antivegetative, soprattutto quelle a matrice morbida ogni due stagioni (al massimo tre se sono state poco in acqua) significa anche esporre l’opera viva a ulteriori rischi. Rischi che a lungo andare predispongono il manufatto all’odiosa osmosi. Quando l’idropulitrice non può essere usata o non riesce ad essere efficace si può eseguire l’operazione con gli sverniciatori ad acqua, come abbiamo appena fatto noi; di seguito le quattro fasi consigliate per eseguire il lavoro a regola d’arte (1-lavaggio, 2-applicazione sverniciatore ad acqua, 3-raschiatura, 4-levigatura leggerissima senza intaccare il primer sottostante, il quale di solito ha un colore particolare proprio per essere differenziato dal gelcoat):

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In questo modo riuscirete anche a scoprire eventuali difetti in carena, danni da urto o da usura, latente o evidente osmosi, o ancora come in questo caso errato utilizzo dei materiali di protezione dello scafo. Nel caso di questo lavoro ci siamo subito resi conto che in origine non fu steso, tra il gelcoat e l’antivegetativa uno strato intermedio di primer (aggrappante). Grave errore. Fortunatamente siamo in tempo a porre rimedio. Non allungate mai le vernici antivegetative, usatele dense come sono; e siate generosi nel creare il giusto spessore: quello richiesto dal produttore sulle confezioni o sulle schede tecniche. Leggetele attentamente e rispettare tempi e modalità di applicazione. Se non siete voi che applicate l’antivegetativa, chiedete a coloro che lo fanno di essere scrupolosi. Se la vernice verrà data in maniera insufficiente ve ne accorgerete solo al prossimo alaggio. Quindi se non vi fidate, cercate di essere presenti quando vengono eseguiti questi lavori.

Non abbiamo voluto risparmiarci nello sviluppare questo articolo informativo, ma neanche volevamo osare nel fare un trattato; cosa che non ci attiene per ora. Pertanto, chi scrive spera di aver tolto tempo a chi legge per un buono scopo: quello informativo che realmente si distingua per la modalità, la completezza e l’utilità delle informazioni divulgate.

Nel caso sorgessero dubbi e voleste condividere con noi considerazioni o consigli non esitate a contattarci, perché su questo tema siamo molto focalizzati e attivi con progetti pratici attualmente in itinere.

A presto!

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